La scelta di andare a vivere a Milano per studiare Interior Design fu improvvisa. Fu un libro a far scattare qualcosa, e in men che non si dica lasciai la facoltà di Scienze Motorie nella mia città e mi ritrovai nell’immensa Milano in mezzo ai designers.
Tre anni dopo, più precisamente il 6 luglio 2018 conquistai, finalmente e con non poche difficoltà, la mia pergamena di laurea. Quello sarebbe dovuto essere l’inizio della mia carriera, il “pronti, partenza, via”. E invece non fu così.
A differenza di tutti i miei colleghi, non mi impegnai molto nella ricerca di uno stage ben poco retribuito, ma tornai nella mia città e cominciai a lavorare nello studio di architettura di mio papà.
Ricordo il primo giorno. Mi vestii bene, arrivai puntuale, lavorai tutta la mattina ad un progetto per una spa di un hotel. Tornai a casa per pranzo, e mi sentivo felice, adulta, una professionista.
Questa sensazione durò ben poco. Le mattine si facevano lente, pesanti. Il grigio calava su di me. Mi chiesi se avessi sbagliato ogni scelta fino a quel momento, perché il problema non era e non poteva essere il lavoro. Avevo studiato per fare quello.
Ma la verità é che tutto ciò non era abbastanza. “Non mi basta, non é sufficiente, ho bisogno di più”.
Lasciai lo studio e mi dedicai a me stessa. E così che cominciai a cucinare, aprii @unfioreincucina su Instagram e capii che, forse il cibo avrebbe potuto far parte della mia vita lavorativa. Cominciai a parlare di food design senza sapere neanche io di cosa si trattasse.
Mancava ancora qualcosa. Mancavo io, e la mia presenza mentale in quello che volevo fare.
Fu il lockdown a salvarmi. L’obbligo di fermarmi, mi mise di fronte a me stessa, e soprattutto ai miei pensieri.
Cominciai a guardarmi intorno, ma questa volta davvero. Scovai questo corso, che era stato sotto ai miei occhi per tutto il tempo, ma io ero stata troppo cieca per vederlo. Food and Design Dive, tenuto online da Marije Vogelzang.
Fu un vero e proprio tuffo nel mondo del food design. Lì capii che l’idea che mi balenava in testa da tempo, sarebbe potuto essere qualcosa di reale.